La città che vorrei
Un pezzo bellissimo, scritto da Silvia Tami:
“La città che vorrei è quel posto che quando finisco di lavorare o di studiare, almeno qualche volta mi porta a pensare: non vedo l’ora di stare in città. Sì, proprio così, invece che dire: “non vedo l’ora di tornare a casa”, mi fa venire voglia di dire “non vedo l’ora di restare in città”. E’ un luogo che offre distensione, divertimento. Che sia una passeggiata ad osservare le anatre negli stagni del centro, un cineforum sulla rivoluzione in Iran, o la presentazione di una mostra di un’ artista locale, la città che vorrei è quel posto che mi convince ad evitare di tornare nella mia casa, tutta sola e isolata, a guardare l’ennesima serie su Netflix e a scrollare Instagram. La città che vorrei, è quella che non vedo l’ora che fa un po’ di caldo così vado in un parco, mi sdraio e sto tranquilla un po’. E vorrei che mi facesse stare tranquilla anche d’inverno, quando fa buio pesto già il pomeriggio ed è tutta vuota, e cammino con una sola cuffia nelle orecchie -perchè magari non succede niente-, ma è meglio che sto attenta.
La città che vorrei, poi, è anche bella. Palazzi vecchi, del rinascimento o in stile liberty, ma tenuti bene, restaurati e riverniciati. Mi piacciono anche le siepi, i cespugli, le fontane. E i lampioni in ferro battuto, soprattutto se fanno quella luce calda, quasi arancione. E che sia pulita, senza rifiuti in giro, sopratutto senza vetri tra i sanpietrini che poi la bici si buca.
Così è come la vorrei io, gli altri non so. Ecco, vorrei però che fosse bella anche per gli altri, mica solo per me. Ad esempio, vorrei una città senza senzatetto. Vorrei dire a questi senzatetto: scusate, voi rendete la mia città meno bella, toh, ecco una casa per te. Sciò. O anche ai teppisti per strada, io quasi quasi li fermo e gli chiedo: ma senti che devo fare per farti smettere di essere teppista? Ti devo dare un lavoro-un’istruzione- un accesso ai servizi-un supporto psicologico-un’alternativa-e-una speranza? E poi gli dico toh tieni tutte queste cose perchè altrimenti la mia città non è bella, non mi diverto uguale a fissare le anatre se vedo te disperato in un angolo.
Oppure, metti che nella mia città ci sono gli stranieri. Un po’ dovrò farla bella anche per loro. Se a loro non interessano le anatre e i cineforum sulla rivoluzione in Iran, ma piuttosto gli piace guardare l’opera a teatro e le partite di scacchi, me ne dovrò fare una ragione, altrimenti quando sono al cineforum mi sento in colpa che questi stanno a casa a deprimersi e mi rovinano la giornata. E se fossi io nelle loro città, vorrei che lì ci fosse qualche cosa che piace anche a me. Poi ad esempio, magari ai più anziani guardare le anatre e stare al parco piace, ma mia cugina dodicenne sicuro si annoia così, a lei piace dipingere, magari potrei aggiungere alla lista dei laboratori artistici per adolescenti stressati.
E la cosa più bella in assoluto, che quasi mi dimenticavo, è che nella città che vorrei quando vado al cineforum sulla rivoluzione in Iran, ci sta un sacco di gente a cui interessa quella storia lì, e quindi poi chiaccheriamo e discutiamo e poi il cineforum deve chiudere e quindi ci tocca finire la conversazione al bar, di fronte a un bicchiere. Poi viene l’ ora di tornare a casa, ma tanto ci rivediamo la settimana dopo nello stesso posto. Funziona così per tutti gli altre pure! Gli appassionati di scacchi con gli appassionati di scacchi, gli amanti del parco con quelli del parco, gli adolescenti artistici stressati con gli altri adolescenti artistici stressati. E mi sa che poi nasce qualcosa da tutte queste unioni, ho il sospetto che queste siano la base delle comunità.
La città che vorrei ha posto per tutte le città che tutti vorrebbero. Si, lo so che in città siamo in tanti, ma le città sono grandi, ci saranno almeno sette spazi per l’opera, il cineforum, i laboratori artistici, i tornei di scacchi, le mostre di artisti locali, il giardino con le anatre e il parco?! Poi non lo so di preciso cosa vogliano gli altri nelle loro città, ma glielo possiamo chiedere. Insomma, la mia risposta è che la città che vorrei ha qualcosa da dare a tutti che quelli che ci vivono dentro. Altrimenti sto a casa e guardo Netflix, che almeno lì posso scegliere”.